L’asticella della vita

L’atleta nato a Portland il 6 marzo ’47 e scomparso a 76 anni, era già una leggenda per me e mio fratello ragazzini e ci chiedevamo quando avremmo provato anche noi a romperci l’osso del collo. Prima di lui il salto in alto somigliava a un gioco da cortile, salto da fermo, poi a forbice, la tedesca dell’est Rosemarie Ackermann fu l’ultima grande atleta a usare negli anni ’70 lo stile ventrale, mentre ormai quasi tutti saltavano con lo stile di Fosbury, che irruppe sulla scena in un anno rivoluzionario, con le sue scarpette spaiate.

” A tutti i miei alunni spiego sempre chi era Dick Fosbury: prima del ’75 il salto in alto era un ventrale e una sforbiciata ma per lui queste tecniche erano impossibili da effettuare, così quell’asticella non riusciva proprio a superarla. E allora, dopo innumerevoli tentativi ecco arrivare la rincorsa a parabola, il caricamento sulle gambe e infine la spinta in verticale. Asticella superata, mondiale del Messico vinto. E fu leggenda”.

Con queste parole la professoressa Teresa Coccia  – docente di educazione fisica all’Istituto Comprensivo di Cremona 4 – Scuola Media Anna Frank – commenta il video sulla storia di Dick Fosbury pubblicato dal sito Stramp.it qualche giorno fa, dopo la morte del campione de mondo.

Parla ai suoi alunni da ex atleta la professoressa Coccia, che ha saltato oltre la rete della Pallavolo più volte in gioventù gareggiando in serie B.

” L’asticella c’è sempre – spiega la prof.  – . Da ragazzi, da adulti, da studenti, da lavoratori la vita ce la mette spesso davanti ma non possiamo arrenderci. Tenacia, abnegazione, sudore, fatica, sono valori che lo  sport ci insegna. Valori oltre i quali saltare pe superare l’asticella delle piccole o grandi difficoltà”.